La storia dell’opera italiana
L’emergere di un nuovo genere
Gli studiosi contemporanei sostengono che l’opera sia nata agli inizi del 500 e che sia originata dagli “intermedi” tra un atto e l’altro di commedie e pastorali drammatiche. Lo scopo di questi “intermedi” di canto e musica era quello di distrarre ed intrattenere lo spettatore durante l’intervallo. Ben presto, però, si cominciò a dedicare una grande cura all’allestimento degli “intermedi” tanto da farli diventare spettacoli indipendenti sempre più elaborati e dispendiosi. Poiché inizialmente queste rappresentazioni teatrali, cioè commedie, pastorali drammatiche e intermedi avevano luogo nelle corti, il lusso degli apparati scenici era un riflesso del potere e del prestigio di signori come, ad esempio, i Medici e i Gonzaga.
Ad ogni modo, più tardi, cioè verso il finire del 500, la nascita dell’opera fu anche sostenuta da grandi discussioni teoriche sulla musica e sulla natura della tragedia greca. Queste discussioni erano condotte dalla Camerata de’ Bardi che prese il nome dal conte Giovanni Bardi perché era nella casa di questo conte che avvenivano gli incontri dei membri di questa società, poeti, intellettuali e musicisti come Vincenzo Galilei, padre dell’illustre Galileo. Uno degli obiettivi dei membri della società era di ridare vita alla tragedia greca che, come avevano appreso dalla lettura della Poetica di Aristotele, aveva un accompagnamento musicale. Inoltre, i membri della Camerata avevano in comune il rifiuto della polifonia e la predilezione per una monodia che rendeva più comprensibile il testo. Di deve comunque al musicista veneziano Claudio Monteverdi la codificazione di un genere nuovo dai caratteri riconoscibili, un genere in cui la musica era subordinata al testo poetico. La sua opera, Orfeo è considerata il primo capolavoro di questo genere.
Fu grazie a compagnie itineranti che l’opera si diffuse in tutta Italia e in Europa e con essa si diffuse anche la lingua italiana. Tuttavia, è importante sottolineare che, anche se l’italiano dal Settecento ai primi del Novecento fu considerato la lingua dell’opera, in Europa l’opera dovette confrontarsi con tradizioni locali e con il tempo acquistò tratti particolari a seconda dei paesi in cui veniva composta ed in Inghilterra, in Francia e nei paesi che costituiscono l’odierna Germania l’italiano perse quasi il suo primato. Nonostante questo, in Italia l’opera italiana continuò ad affascinare e commuovere un pubblico sempre più vasto poiché uscî dalle corti signorili e cominciò ad essere rappresentata anche nei teatri pubblici che a partire dal Seicento venivano inaugurati in molte città italiane. Anche se l’opera italiana non ha mai abbandonato l’antichità come sua ambientazione né ha mai perso il gusto per il tragico e l’eroico – l’Aida di Verdi venne rappresentata per la prima volta nel 1871 — a partire dal Settecento all’opera seria si contrappongono il dramma giocoso e l’opera buffa. Mentre il dramma giocoso riuniva il patetico al comico, l’opera buffa presentava temi e situazioni che avevano a che fare con la vita quotidiana di personaggi con cui una grande pubblico poteva identificarsi. Nel Settercento uno dei più grandi compositori di opere buffe fu Domenico Cimarosa e nell’Ottocento diedero lustro a questo genere Gioacchino Rossini con Il barbiere di Siviglia e L’italiana in Algeri e Gaetano Donizetti con Elisir d’amore.
To be continued…